Stio, la fiera della Croce: dalla seta ai giorni nostri in una storia plurisecolare
La plurisecolare “fiera della Croce” vanta una genesi remota. Il territorio di Stio, per tale motivo, è scenario di uno dei più importanti mercati fioriti nell’antica Lucania e nell’odierno Cilento. Fin dai suoi albori, infatti, l’appuntamento s’impose dapprima come un nodo cruciale di scambio e di confronto e, successivamente, anche come indiscusso riferimento sociale e culturale.
La “Fiera della Croce”: storia e istituzione
Ai margini dell’abitato di Stio si trova una cappella dedicata alla Madonna nota come “Santa Maria della Croce” poiché vi si custodiva una reliquia della Croce di Cristo. Proprio per questa sua caratteristica è stata meta di cospicui pellegrinaggi soprattutto in occasione della festività che si celebrava l’8 settembre. L’affluenza di fedeli è sempre stata piuttosto costante e garantiva buone presenze. Su queste basi nasce un piccolo mercato che ben presto diventerà una grande e rinomata fiera. L’origine è antichissima ed è ipotizzabile che fosse già attiva intorno al 1200 sotto la giurisdizione di Gioi. Solamente dal XV secolo, però, si conservano notizie documentarie che ne testimoniano l’importanza. Nei primi anni dell’Ottocento, con l’istituzione dei Comuni in seguito all’abolizione della feudalità, la fiera passa sotto la responsabilità di Stio giacché il pianoro antistante la cappella fu assegnato al suo demanio.
La seta e il bestiame
Proprio lo spiazzo su cui si affaccia la chiesetta divenne il luogo di scambio in cui agli inizi dominava il baratto. In origine si protraeva per più giorni e durava dal 4 all’8 settembre. Oltre a essere un momento molto proficuo per gli abitanti della zona, con la graduale introduzione della moneta, il mercato attirò commercianti di seta provenienti da ogni parte, tanto da imporsi come una delle fiere più importanti del Mediterraneo. Rimane, tuttavia, un volano economico soprattutto per i pastori del circondario che avevano la possibilità di commerciare i formaggi e i capi di bestiame. In riferimento a questa peculiarità va ricordato che la “fiera di Stio” insieme a quella della “frecagnola di Cannalonga“, è tra le ultime a mantenere viva quella tradizione che porta in tavola “il castrato” o “la capra bollita”. In passato, invece, questa caratteristica, accomunava quasi tutte le fiere della zona.
Stio, lo scenario novecentesco
Nel corso del Novecento lo scenario fieristico è notevolmente mutato. Nella prima metà del secolo la fiera della Croce continua ancora a mantenere parte delle sue caratteristiche d’esordio in cui domina la compra-vendita di bestiame in precedenza affiancata anche dell’artigianato, soprattutto dell’utensileria domestica e in particolare del pentolame di rame. Gli ultimi decenni del millennio scorso, invero, hanno profondamente trasformato l’assetto sociale ed economico della fiera della Croce, a partire dal nome, che tende ormai a essere ridotto a “fiera di Stio”. Ne consegue un assestamento più moderno e con un involucro folkloristico a tutela delle antiche usanze e delle vecchie tradizioni. Rimangono vive le memorie di un passato non molto lontano, spesso legate alla semplicità di gesti quasi consueti. Dopo aver visitato la fiera, una fermata alla piccola fontanella, risuonava quasi come un rituale ben augurale. Volgeva al termine una giornata scandita da un’aria densa e fresca.