Cilento, è tempo di ‘mbilore cu papauli e pummarole
Austo è capo re vierno recita un vecchio proverbio ancora vivo nel Cilento. Si tratta di un noto detto che trae origine dai tempi passati, quando la letteratura popolare scandiva ‘il lavoro dei campi’. La seconda parte dell’estate coincide con la fine di diversi cicli produttivi e si predispongono le dispense per l’inverno. Seguendo i ritmi di un tempo non troppo lontano, ci addentriamo nelle viscere di una tradizione arcaica.
‘Mbilore re papauli e pummarole
Passeggiando tra le vie dei piccoli casali del Cilento non sarà difficile notare a fine estate trecce di pomodori e peperoncini penzolanti dai balconi o sotto le volte delle vecchie abitazioni. Sono le caratteristiche ‘mbilore; ci sono quelle re pummarole e quelle re papauli. Sembra quasi una poesia, anzi in parte lo è, perché si tratta di una consuetudine che ha una genesi remota e racchiude i sapori e i ricordi della nostra infanzia. Nel dialetto il pomodoro diventa femminile e la varietà maggiormente usata per questa lavorazione è piccola e gialla chiamata ‘pummarola re vierno’ per la sua capacità di conservarsi anche nei mesi più freddi. I peperoncini, invece, tradizionalmente si preparano anche sottolio.
Peperoncini sottolio
Quando ormai sono giunti a piena maturazione, i peperoncini vengono raccolti e sono pronti per essere lavorati. Sono diverse le varietà che vengono coltivate. Spesso, ognuna di loro, è destinata ad un particolare consumo e vantano un proprio metodo di conservazione. In Cilento sono due le tipologie principali di conservazione dei peperoncini: sottolio e l’essiccazione. Il primo caso prevede un procedimento a più tappe ed è eseguito in casa dalle brave massaie cilentane. I peperoncini, generalmente tondi, chiamati comunemente ‘cerasieddi’, vengono lavati e tagliati e poi mescolati con il sale. Questo passaggio permette ai peperoncini di rilasciare l’acqua che contengono e la procedura va eseguita per una intera giornata, lasciandoli ‘scolare’ con l’ausilio di un peso. La seconda fase, invece, prevede la sterilizzazione con l’aceto che, può variare, secondo le proprie modalità. Privati della salatura e sgocciolati dallo stesso aceto, saranno poi pronti per essere invasettati e colmati di olio.
Grate e fichi
Tra le eccellenze cilentane vi sono senza dubbio i fichi. Fin dai tempi più antichi, quando questi dolci frutti raggiunsero le nostre terre, si essiccano al sole sui graticci abilmente intessuti dai nostri bravi artigiani. In alternativa possono ultimare l’essiccazione nei tipici forni delle ‘passolare’ una volta numerose nel Cilento. Per fortuna, anche se in minima parte, continua a prevalere la lavorazione completamente manuale e, i fichi ripieni, nel dialetto locale fico ‘mbaccate, sono una prelibatezza. Per i più golosi, invece, la variante al cioccolato: i fichi vengono ricoperti restituendo un prodotto straordinario.
Il ‘Cilento’ e il ‘Bel Paese’
La strofa di una celebre canzone popolare italiana recita: ‘A lu balcone mio ce sta’ le rose / A la fenestra tua li corn’ appese’, ma nel Cilento ci sono i peperoncini e… a volte i pomodori!
Mbilore re papauli e pummarole
penzulano ra la loggia.
A lu mese r’austo su mesi a lu sole
inda settembre seccano e s’arronghiano.
Pe la vernata su roba bbona
papauli fritti pe na fedda re pane
roje pummarole ppe na nzalata.