Rutino Scalo, il fischio del treno e la festa di Sant’Anna
Rutino Scalo è il nome popolare che assunse intorno agli anni ‘30 del XX secolo la borgata che si sviluppò a ridosso del piccolo scalo ferroviario sorto sul fianco del vallone ‘Cupo’. Inizia così, tra le colline poste ai margini di un Cilento spesso dimenticato, una storia carica di speranza e di sogni.
Rutino Scalo
Chi avrebbe mai pensato che tra i campi di grano, gli ulivi e le viti si sarebbe un giorno fermato il treno? La costruzione dei binari ebbe fin da subito il sapore del riscatto. In questo contesto la stazione di Rutino può considerarsi una delle storiche fermate del Cilento; anzi, non sarebbe azzardato considerarla come una delle due che hanno funzionato (l’altra è quella di Torchiara) in quel lembo di territorio che può, per certi versi, fregiarsi dell’appellativo di ‘Cilento Antico’. A Rutino la fermata trovò posto in una zona molto distante dal paese e, probabilmente, i timori di una poca fruibilità erano tanti. Ciò nonostante furono molti i passeggeri che provenivano dalle contrade di Lustra, Perito e soprattutto da Ostigliano. La voglia di restare o di partire diedero comunque un primo impulso all’economia e rapidamente si sviluppò il rione Stazione che poi divenne Rutino Scalo.
La stazione e un pugno di case
La Stazione fu inaugurata nel 1887 e l’edificio rimase in condizioni di fruibilità per la funzione per la quale era nato per circa settant’anni. Successivamente venne abbattuto per costruire il secondo binario e un nuovo fabbricato venne realizzato leggermente più a monte, fuori dal perimetro del piccolo abitato che nel frattempo si era formato. Il ‘rione Stazione’ gradualmente aveva assunto le sembianze di una borgata e le condizioni sociali furono favorevoli per l’apertura di un emporio e anche della scuola. Si ebbe, infine, pure autonomia spirituale con la costruzione della cappella dedicata ai Santi Anna e Gioacchino dove il prete veniva regolarmente a celebrare. Il 26 luglio si tiene ancora oggi la festa, ma dopo gli anni ‘50 del Novecento, con la carenza occupazione che costrinse buona parte degli abitanti del contado a trasferirsi altrove, la celebrazione venne fissata all’ultima domenica del mese per consentire una più copiosa partecipazione.
Sant’Anna e quello che resta…
Non ha una genesi antica questa ricorrenza e i ricordi dei vocii che man mano si facevano più spessi nella piazza del borgo non sono lontani. La chiesetta fin dalle prime luci del mattino vedeva un via vai di gente: chi vi lasciava la sua preghiera, chi vi chiedeva protezione e chi affidava semplicemente la propria vita alla benevolenza della Madre di Maria. La tradizionale processione, poi, scandiva l’essenza di una devozione forte maturata in un ambiente che in precedenza risultava privo di solidi riferimenti cristiani. Purtroppo negli anni ‘80 del secolo scorso chiude la scuola e circa un decennio dopo la stazione stessa. Subito dopo abbassa le serrande l’unica bottega ma la festa di Sant’Anna resiste ed è il segno tangibile di un Cilento che non si arrende!