Cicciata del Primo maggio: nel Cilento un “piatto propiziatorio”

Cicciata del Primo maggio: nel Cilento un “piatto propiziatorio”

La cicciata può considerarsi un piatto della tradizione culinaria del Cilento; a differenza di altre preparazioni, vanta una peculiarità temporale: questa ricetta, infatti, una volta veniva portata in tavola solo in determinati giorni dell’anno. Generalmente si associa al primo maggio; tuttavia sfuma nelle tradizioni locali e la ritroviamo in concomitanza pure di altri importanti appuntamenti cristiani che, fino al secolo scorso, scandivano il calendario popolare.

Quando si prepara?

Le occasioni della cicciata, invero, sono diverse; oltre alla stagione primaverile è presente in autunno per il giorno dedicato alla commemorazione dei defunti e in occasione di festività religiose, tra le quali Santa Lucia. Bisogna, però, fin da subito precisare che anche se ora viene riproposta nella sua interezza in ognuno di questi momenti, in realtà, in passato differiva molto nella preparazione stagionale considerate le disponibilità di dispensa del periodo. Tralasciando ‘tradizioni occasionali’ e cioè quelle marcatamente localizzate, è doveroso puntare sulle date cardine: il primo maggio e il primo novembre. Si evince una chiara simmetria temporale. Intercorre fra queste celebrazioni un periodo esatto di sei mesi, intervallando l’anno solare che in tale dimensione sancisce i principali cicli produttivi per i contadini: si assiste alla mietitura del grano, alla raccolta dei fichi e poi delle olive e anche alla vendemmia.

la cicciata realizzata da Giovanna Voria
la ‘cicciata di maggio’ preparata da Giovanna Voria

La cicciata di maggio

Siamo nel periodo in cui gli orti sono messi a coltura. Tutte le sementi avanzate vengono “riunite”: un tempo questa operazione si eseguiva alla lettera e tutti i semi venivano miscelati in un unico recipiente. In questa fase iniziale, dunque, i legumi vengono mischiati. Ecco perché, anticamente – e talvolta ancora adesso come accade ad Ostigliano – la cicciata diventa ‘cicciammescka’ evidenziando la caratteristica principale del piatto. Approfittando di questa precisazione è il caso di sostare pure sull’etimologia della ‘cicciata’ nonostante il nome lasci già di suo agevolmente intuire la presenza di legumi tra cui i ceci. Considerando che il Cilento è costituito da numerosi casali, spesso di piccole dimensioni, è facile capire come ognuno di loro abbia maturato una propria interpretazione onomastica della cicciata. Un esempio eloquente arriva dall’entroterra e in particolare da Stio, dove la tradizione porta in tavola i ciccimmaretati.

Un rito propiziatorio, un piatto povero…

Erroneamente si è soliti considerare la cucina cilentana ‘povera’; questo perché ha ereditato le consuetudini della civiltà contadina dei secoli passati. Erano i tempi in cui a padroneggiare nell’alimentazione erano quasi esclusivamente le verdure e i legumi. Poco spazio era riservato alle carni che comparivano soltanto nei menù di ricorrenze considerate importanti come le festività patronali o i matrimoni. Vi è poi da sottolineare che i piatti antichi sono spesso realizzati seguendo linee essenziali che, a dire il vero, restituiscono una straordinaria preparazione, sia in termini di sostanza, sia in termini di abbondanza, tanto da apparire tutt’altro che scarni al palato del commensale moderno. Soprattutto negli ultimi lustri, infatti, questi vecchi piatti sono stati decisamente rivalutati.

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte è nato ad Agropoli (Sa). Coltiva la sua passione per la scrittura attraverso contribuiti soprattutto di carattere culturale. Si occupa di tradizioni, con particolare attenzione alla componente religiosa, tramite ricerche originali e personali. Racconta il Cilento attraverso fatti e memorie. È stato ideatore e gestore del blog cilentoitalia e dal 2019 di lineacilento.it. Appassionato di gastronomia realizza volentieri anche articoli di cucina. Per contatti: info@lineacilento.it

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