Giovedì Santo: in Cilento “Sepolcri”, “germogli” e “tradizioni”
Giovedì Santo è il primo giorno del triduo pasquale. Nelle parrocchie si allestisce il Sepolcro e dopo la celebrazione l’altare è spogliato (anticamente tutta la chiesa veniva denudata). A ornare l’Altare della Reposizione, invece, si trovano i caratteristici “germogli”, tradizionali composizioni realizzate con il frumento. Il grano racchiude una profonda simbologia che, durante la Settimana Santa, in Cilento si esprime con remote costumanze.
Giovedì Santo: il grano
Per consuetudine gli Altari della Reposizione sono allestiti con i “‘germogli di grano”. È usanza piuttosto diffusa nell’intero Meridione. All’inizio della Quaresima risiedono i primi giorni utili in cui i chicchi di grano sono messi a dimora. In tal modo saranno pronti per il Giovedì Santo. In passato – e in parte ancora oggi – al frumento si accostavano alcuni legumi come lenticchie e fagioli. Tuttavia la tradizione, pur abbracciando l’intero territorio del Cilento (in riferimento specialmente al perimetro storico) mostra delle diversità sia nei tempi che nei modi. In alcune realtà la messa a dimora dei semi avviene in tempi decisamente più ristretti rispetto ad altri. Ne conseguirà un diverso groviglio di filamenti bianchi e candidi, poiché nella fase della crescita vengono posti al riparo da fonti di luce. Disposti ai piedi dell’Altare rievocano il Sepolcro di Cristo. La loro funzione cessa con la veglia pasquale.
I germogli
Generalmente, dunque, la preparazione ha inizio poco dopo il martedì grasso fino a trenta giorni prima della Pasqua. Una tradizione secolare, ma non troppo antica, prevede la benedizione dei chicchi di grano il Mercoledì delle Ceneri. I semi sono adagiati su del cotone imbevuto d’acqua e posto in un recipiente di grandezza tale da poterli contenere. Si coprono nuovamente con uno strato di cotone imbevuto e, a distanza di qualche giorno si annaffiano delicatamente, senza far stagnare l’acqua sul fondo.
Il Giovedì Santo nel Cilento
La prassi di offrire ristoro ai più bisognosi della comunità, è stata incanalata anche nel contesto delle tradizione e risulta essere una pratica consolidata soprattutto nel XVIII secolo, e sfiorita tra la fine del secolo successivo e gli inizi del XX. Probabilmente ora se ne conserva labile memoria soltanto tra i racconti dei più anziani. Eppure è forse stato il modo espressivo con cui si testimoniava il rispetto e la devozione verso Gesù, attraverso opere volte alla sociale assistenza dei più bisognosi. Le bene note congree del Cilento, fondano la loro origine proprio su questi canoni. Il Giovedì Santo, invece, si consumava la ‘cena dei poveri’, vale a dire: si offriva ristoro ai meno abbienti. Ciò accadeva in diverse comunità anche del Cilento, tra cui Magliano e Capizzo. Si emulava così, quella cena del Signore simbolo di accoglienza. È facile immaginare come tra i piatti fosse proposto proprio il grano.
Il ritorno alla terra…
La Domenica di Pasqua, quando Gesù risorge, in passato (e in parte pure oggi) i germogli di grano venivano ripresi e portati nei campi. Posti tra i rami degli arbusti o su supporti di legno emulavano il “ritorno alla terra” e si poneva sotto la protezione celeste il raccolto del frumento dell’estate successiva.